In un libro che ho letto in questo periodo di “reclusione”, Haruki Murakami dice che quando si prova ad uscire da una gabbia alla fine si finisce sempre per trovarci in un’altra gabbia.
Questo mi ha fatto riflettere sulla concezione che noi abbiamo di gabbia, sulla nostra idea del non avere libero arbitrio. Allora ho pensato che forse è tutta una questione di punti di vista.
Siamo rinchiusi anche nella nostra comune routine? Posso affermare che nella vita normale di tutti i giorni non mi creo un piccolo mondo recintato da cui guardo il mondo? Forse è questa la verità, siamo tutti come dei pesci all’interno di acquari invisibili creati da noi stessi?
La foto ha come matrice l’idea del guardare attraverso qualcosa, il vedere le cose come se si fosse rinchiusi in piccoli mondi privati. Il mondo privato, è identificata dall’acquario, dal contenitore di acqua. Noi siamo il pesce nella boccia di vetro, rinchiuso e deviato da una realtà che vede attraverso un filtro che è l’acqua. Un filtro imposto dalla sua stessa natura di pesce. Il protagonista non è completamente immerso, è la rappresentazione della ribellione della mente alla prigionia, rappresenta lo spirito che pur potendo guardare le cose da un unico punto di vista che è la casa, l’acquario, il nostro recinto quotidiano che ci creiamo per proteggerci dal Mondo, comunque non ne è schiavo totalmente.