Ho avuto modo, per una serie di evenienze, di attraversare Firenze di mattina e di sera.
Aspettavo il silenzio ed infatti l’ho ascoltato. Il silenzio non è quello dei luoghi extraurbani. In montagna non esiste perché l’aria suona e lo stesso in campagna perché c’è sempre un fruscio o il rumore di una pianta. Anche nella città di questi giorni, in effetti, il silenzio non esiste: senti. Senti parlare le persone, non com’è consueto una sopra l’altra senza capire, distingui ogni singola parola. Senti note: qualcuno suonava il flauto, lo sentivo mentre ero sotto la loggia di Brunelleschi. Senti i tuoi passi, i parafanghi arrugginiti della tua bici che vibrano.
I protagonisti mancati degli spazi del movimento sono i semafori. Non servono più a niente. Ricordano che il tempo comunque passa, ma non lo regolano più. I ciclisti li guardano distrattamente. Con sufficienza. Non li abbiamo mai amati, ora abbiamo perso il rispetto che ci era imposto dal rischio e dalla paura.
I padroni sono i ciclisti, non quelli, pochi, che si muovono per sport, ma quelli come me che devono muoversi e, molto più di me, i fattorini con i loro cubi colorati sulla schiena e i pochi centesimi o frazione di centesimo per pedalata. Lo spazio è loro con finalmente la regola esplicita della linea retta, la via più corta, senza divieti, sensi unici, semafori o altro.
Sono indispensabili in giorni in cui tutti stanno a casa e possono farlo anche perché loro continuano a pedalare per frazioni di centesimo a giro di pedivella. Magari ci scappa qualche mancia. Magari qualcuno si accorgerà che quasi nessuno è un italiano vero, ma tutti fanno la loro parte e se fossero chiusi dietro un muro noi a casa staremo meno comodi.
Poi ci sono gli animali. Sui cani si è già fatta ironia. Ma quelli che si comportano in maniera diversa sono i piccioni. Nelle piazze dei turisti il piccione ti punta quando ti fermi, ti percepisce come occasione di cibo: si avvicina; poi il suo istinto gli dice che sei un potenziale pericolo: si allontana, di poco. Inizia un balletto di avance e ritirata strategica in rapida successione che termina quando te ne vai, li scacci o lanci lontano un pezzo del panino che non ti lasceranno comunque addentare in pace. Oggi mi guardavano rimanendo immobili, guardinghi, ma immobili. Mi sono fermato: nessun movimento. Sono ripartito, niente. Sono passato vicino, solo una rotazione del capo. I piccioni sanno bene dove sta il pericolo e quando non sprecare energie.
Fra i più tristi ci sono gli arredi urbani. Le panchine non sostengono più il culo di nessuno, i cestino sono vuoti, cosa faranno in centro a Firenze dove occorreva svuotarli 5 volte al giorno per ospitare i rifiuti indifferenziati di 15 milioni di turisti l’anno. Le poche fontane rimaste, perché quelle servono ai senza tetto quindi meglio toglierle, finalmente servono ai senza tetto. Mi sa che la polizia e i vigili hanno altro da fare che difendere il decoro e peraltro la città è incredibilmente pulita, linda. Il servizio di pulizia rimane, ma chi diavolo sporca senza i 15 milioni e con i pochi senza tetto che ormai hanno tutto lo spazio a loro disposizione di notte e per la verità anche di giorno, quindi sono a bassissima densità per loggia, prato, fontanella.
Mi domando dove sono rifugiati tutti i noiosi, i marginali, i mendicanti. Tempi difficili per tutti, anche per loro perché il virus colpisce soprattutto i cittadini bianchi e per bene, non fa distinzione fra ricchi e poveri, anzi forse preferisce i ricchi che hanno (avevano fino a 15 giorni fa) più vita sociale; ma di rimando, se i normali scappano gli anormali, che consideriamo un po’ parassiti diciamo la verità, dove diavolo si insediano. Come il virus, senza organismi ospiti non possono sopravvivere, ma se il virus, quello vero, colpisce con alte percentuali noi normali, si riflette su di loro con la percentuale del 100%.
Oggi nessuno mi ha fermato, chiesto soldi, tentato di vendere fazzoletti, accendini, o “fuori binario“. Oggi nessuno mi ha dato noia e questo, in effetti, mi ha parecchi disturbato.
17 e 23 marzo 2020